Mission accomplished, Mr President
Desta, ovviamente, grande preoccupazione il test nucleare effettuato dalla Corea del Nord due giorni fa. Reagisco, però, agli allarmati commenti di tutti i media, domestici ed internazionali, in maniera forse poco razionale. O forse molto, chissà. Mi spiego: come tutti, mi rendo conto che il rischio più grande è quello che si perda il controllo su chi possiede tecnologia atomica e che di quest’arma terribile vengano in possesso gruppi di terroristi (e il primo pensiero che ho fatto è stato “secondo me, quando parlano di terroristi, non pensano ad Al Qaeda, ma ad altri gruppi di cui non sanno nulla”). Comunque, so bene che si tratta di un’eventualità tragica, la peggiore che il mondo possa trovarsi a dover affrontare. Allo stesso tempo, però, non riesco a non dire “Ok, ma che altro poteva succedere?”. Fin quando lo scenario internazionale continuerà ad essere dominato dall’attivismo (per usare un gentile eufemismo) americano, la corsa al riarmo nucleare mi pare una reazione inevitabile.
L’evolversi dell’impresa irachena ha chiaramente dimostrato che l’amministrazione americana ha perseguito propri fini particolari nel muovere quella guerra. Già cinque anni fa, gli Stati Uniti hanno definito iraniani, iracheni e coreani “the axis of Evil”, ovvero l’asse del Male (maiuscolo, cioè astratto ed assoluto. Non lamentiamoci allora che lo scontro sia anche sul piano religioso). Nel corso della cerimonia del giuramento del secondo mandato dell’amministrazione Bush, il segretario di Stato Condoleeza Rice ha citato “cinque avamposti della Tirannia” (Cuba, Bielorussia, Zimbabwe, Birmania e Corea del Nord), che sarebbero stati oggetto in un prossimo futuro di grande attenzione da parte degli USA. “Nei loro confronti – ancora la Rice – gli USA si riservano ogni opzione, anche quella militare unilaterale”. Anche noi, che pure siamo legati agli americani da lunga e solida amicizia, abbiamo imparato sulla nostra pelle (dall’uccisione di Nicola Calipari, alla cabina del Cermis, al rapimento di Abu Omar) quanto essi si sentano in diritto di fare e disfare nei confronti di paesi terzi e, quel che più dovrebbe contare, sovrani.
L'unico deterrente che si è fin qui dimostrato in grado di limitare gli USA nell’esercizio del proprio strapotere sullo scacchiere mondiale è il possesso dell'arma atomica (si veda la frettolosa inclusione della precedentemente osteggiatissima India nel club atomico).
L’evolversi dell’impresa irachena ha chiaramente dimostrato che l’amministrazione americana ha perseguito propri fini particolari nel muovere quella guerra. Già cinque anni fa, gli Stati Uniti hanno definito iraniani, iracheni e coreani “the axis of Evil”, ovvero l’asse del Male (maiuscolo, cioè astratto ed assoluto. Non lamentiamoci allora che lo scontro sia anche sul piano religioso). Nel corso della cerimonia del giuramento del secondo mandato dell’amministrazione Bush, il segretario di Stato Condoleeza Rice ha citato “cinque avamposti della Tirannia” (Cuba, Bielorussia, Zimbabwe, Birmania e Corea del Nord), che sarebbero stati oggetto in un prossimo futuro di grande attenzione da parte degli USA. “Nei loro confronti – ancora la Rice – gli USA si riservano ogni opzione, anche quella militare unilaterale”. Anche noi, che pure siamo legati agli americani da lunga e solida amicizia, abbiamo imparato sulla nostra pelle (dall’uccisione di Nicola Calipari, alla cabina del Cermis, al rapimento di Abu Omar) quanto essi si sentano in diritto di fare e disfare nei confronti di paesi terzi e, quel che più dovrebbe contare, sovrani.
L'unico deterrente che si è fin qui dimostrato in grado di limitare gli USA nell’esercizio del proprio strapotere sullo scacchiere mondiale è il possesso dell'arma atomica (si veda la frettolosa inclusione della precedentemente osteggiatissima India nel club atomico).
Nonostante mi facciano un'antipatia feroce, io ammiro i Francesi perché già molto tempo fa essi identificarono nell'autosufficienza energetica e strategica la chiave della loro autonomia e ancora di più li stimo perché hanno saputo tenere dritta la barra del timone lungo questa rotta, a prescindere se al governo ci fosse De Gaulle o Mitterrand, Giscard o Chirac. Interesse nazionale, punto e basta. Faccio fatica a non applicare queste stesse categorie di valutazione anche nel caso dei coreani e degli iraniani. Il problema del nucleare esiste da Hiroshima in poi, ma fin quando agli USA era contrapposta l’URSS, il mondo ha saputo trovare nella Guerra Fredda un calmiere al proprio potenziale autodistruttivo, fino ad arrivare al disarmo ed ai Trattati di non proliferazione. Un equilibrio potrà essere più facilmente ritrovato, se di nuovo si tornerà ad avere un contraltare all’egemonia statunitense. È il ruolo che la Storia ha disegnato per l’Europa, che però finora non ha dimostrato di saper farsene carico. All’orizzonte (neanche troppo lontano), la Cina si candida.