Haply for I am black
Accade. Accade che, pur se il mondo, mentre gira, continua a far quel rumore fastidioso, insistente che hanno gli ingranaggi quando sono tutt’altro che ben allineati, si sappia surfare, sereni ed in meraviglioso equilibrio, fra le onde della vita.
Tornavo da un viaggio di lavoro e, tranquillo, guidavo dall’aeroporto verso casa. Vigile. Paletta. Accosto. Mi si avvicina un epigono di Otello Colletti, che, con il consueto tono di fintocompressa alterazione del Tutore dell’Ordine che pregusta la percentualina sul verbale, mi chiede i documenti. Io, sereno, pur non capendo perché mi abbia fermato, eseguo. Silenzio. Lui controlla il libretto della macchina. Fa un po’ di facce strane. Qualche sospiro particolarmente profondo. Poi, si arrende e, evidentemente stranito che io non mi stia affannando a discolparmi (non avrei saputo da che cosa, poi), mi fa notare che la mia macchina ha la targa dispari. Io, fresco come un quarto di pollo, faccio: “Sì, 157”.
Capisco che nella mente di Otello passa per un attimo il sospetto che io mi stia cimentando in una sorta di supercazzola (peraltro neanche rispettosa del crisma dell'incomprensibilità) al malcapitato vigile con paletta, ma, essendo io innocente come Gesù Cristo, mi guardo bene dal cavarlo d’impaccio (anzi, in fondo in fondo spero si lasci andare ad una partaccia). Invece, il valente pubblico ufficiale recupera la giusta dose di self-control e mi rende edotto del divieto di circolazione che affligge le macchine con targa dispari. Sorrido e, quasi regale, dico: “Ah, ma sto tornando adesso dalla Polonia”, disponendomi a ricevere la giusta punizione. La risposta deve avere sorpreso il povero Otello, evidentemente poco abituato a che in una tale situazione non vengano tirate in ballo, con alte grida e affannata concitazione, madri in fin di vita, cugine partorienti et similaria. Mi ridà il libretto e mi guarda con sospetto. Poi: “Può dimostrarlo?”.
Tornavo da un viaggio di lavoro e, tranquillo, guidavo dall’aeroporto verso casa. Vigile. Paletta. Accosto. Mi si avvicina un epigono di Otello Colletti, che, con il consueto tono di fintocompressa alterazione del Tutore dell’Ordine che pregusta la percentualina sul verbale, mi chiede i documenti. Io, sereno, pur non capendo perché mi abbia fermato, eseguo. Silenzio. Lui controlla il libretto della macchina. Fa un po’ di facce strane. Qualche sospiro particolarmente profondo. Poi, si arrende e, evidentemente stranito che io non mi stia affannando a discolparmi (non avrei saputo da che cosa, poi), mi fa notare che la mia macchina ha la targa dispari. Io, fresco come un quarto di pollo, faccio: “Sì, 157”.
Capisco che nella mente di Otello passa per un attimo il sospetto che io mi stia cimentando in una sorta di supercazzola (peraltro neanche rispettosa del crisma dell'incomprensibilità) al malcapitato vigile con paletta, ma, essendo io innocente come Gesù Cristo, mi guardo bene dal cavarlo d’impaccio (anzi, in fondo in fondo spero si lasci andare ad una partaccia). Invece, il valente pubblico ufficiale recupera la giusta dose di self-control e mi rende edotto del divieto di circolazione che affligge le macchine con targa dispari. Sorrido e, quasi regale, dico: “Ah, ma sto tornando adesso dalla Polonia”, disponendomi a ricevere la giusta punizione. La risposta deve avere sorpreso il povero Otello, evidentemente poco abituato a che in una tale situazione non vengano tirate in ballo, con alte grida e affannata concitazione, madri in fin di vita, cugine partorienti et similaria. Mi ridà il libretto e mi guarda con sospetto. Poi: “Può dimostrarlo?”.
Sono invaso quasi da un moto di tenerezza. Con il sorriso venato d'amarezza di chi empatizza con lo sventurato che, sentendosi forte di tre donne, è andato a vedere che faccia hanno quattro assi ben schierati, scendo dalla macchina per andare a prendere nel bagagliaio la carta d’imbarco. Non sono ancora arrivato a infilare la chiave nel portellone che Otello mi ferma e fa: “Ci credo, ci credo”. Io sorrido di nuovo, mostrando la benevolenza del sovrano che perdona il suddito sgraziato. Le ultime parole che Otello mi dice sono indicazioni su come evitare i suoi colleghi, lungo il tratto di strada che ancora mi separa da casa.
Avrei potuto vendergli a rate un’enciclopedia sui Mustelidi in venti volumi, al povero Otello.
Avrei potuto vendergli a rate un’enciclopedia sui Mustelidi in venti volumi, al povero Otello.