"Soltanto un po' di felicità..."
Per me, devo dire, leggere il giornale è attività di gran gusto. Due giorni fa, poi, mi trovavo in una situazione talmente perfetta che l’ozioso piacere di informarmi è diventato vero e proprio godimento. Ero all’ombra di un albero di noce bello grande, il gran caldo tenuto a bada da un venticello fresco di collina e gli occhi benedetti da una vista spettacolare sul lago di Bolsena. Quando si parla dei mitologici “piccoli piaceri della vita”, si parla di una roba così.
Se fossi stato prudente, mi sarei limitato a gettare un occhio a qualcosa che non potesse turbare la magia di quell’istante: la vignetta di prima pagina piuttosto che la cronaca della tappa del Tour o le ultime di calciomercato nello sport.
Invece, siccome sono umano tanto quanto lo sono stati Adamo ed Eva, non ho resistito ad assaggiare la succosa mela di un pezzo di Ilvo Diamanti a commento di un sondaggio demoscopico, il cui principale risultato è il seguente: l’ottantaquattro per cento degli Italiani (media generale, che ricomprende persone di ogni professione, grado di istruzione, reddito e convinzione politica) auspica l’avvento di un uomo forte. Novantaquattro per cento tra gli elettori di destra. Ho fatto finta di non aver letto, ma già non era più la stessa cosa.
Ieri, poi, come spesso faccio mentre torno a casa, ascoltavo la radio in macchina. In un programma contenitore che seguo con piacere, hanno trasmesso un’intervista all’uomo (il cui nome non ricordo) che ha curato la trionfale campagna elettorale di Nicholas Sarkozy. Diceva questo signore, che nel suo campo è sicuramente uno capace, che “…in fondo, gli elettori chiedono alla politica soltanto un po’ di felicità […]”. Il tono era quello di chi commisera la pochezza delle ambizioni della povera gente comune. Per parola del suo migliore consulente, Sarkozy ha dunque stravinto perché ha promesso “un po’ di felicità”. Nella fattispecie, essa ha assunto i contorni della detassazione degli straordinari, che favorisce la meritocrazia.
Se fossi stato prudente, mi sarei limitato a gettare un occhio a qualcosa che non potesse turbare la magia di quell’istante: la vignetta di prima pagina piuttosto che la cronaca della tappa del Tour o le ultime di calciomercato nello sport.
Invece, siccome sono umano tanto quanto lo sono stati Adamo ed Eva, non ho resistito ad assaggiare la succosa mela di un pezzo di Ilvo Diamanti a commento di un sondaggio demoscopico, il cui principale risultato è il seguente: l’ottantaquattro per cento degli Italiani (media generale, che ricomprende persone di ogni professione, grado di istruzione, reddito e convinzione politica) auspica l’avvento di un uomo forte. Novantaquattro per cento tra gli elettori di destra. Ho fatto finta di non aver letto, ma già non era più la stessa cosa.
Ieri, poi, come spesso faccio mentre torno a casa, ascoltavo la radio in macchina. In un programma contenitore che seguo con piacere, hanno trasmesso un’intervista all’uomo (il cui nome non ricordo) che ha curato la trionfale campagna elettorale di Nicholas Sarkozy. Diceva questo signore, che nel suo campo è sicuramente uno capace, che “…in fondo, gli elettori chiedono alla politica soltanto un po’ di felicità […]”. Il tono era quello di chi commisera la pochezza delle ambizioni della povera gente comune. Per parola del suo migliore consulente, Sarkozy ha dunque stravinto perché ha promesso “un po’ di felicità”. Nella fattispecie, essa ha assunto i contorni della detassazione degli straordinari, che favorisce la meritocrazia.
Come non esserne felici, in effetti.
Io sono appena stato in Portogallo e Spagna in vacanza ed oggi, facendo quattro chiacchiere con un collega, gli ho raccontato un po’ delle mie ferie. Alla fine, siamo arrivati alle dolenti note di quanto costoso sia diventato viaggiare, di quante siano le persone che oggi non possano permettersi di andare in vacanza (specialmente se si tratta di famiglie numerose). È impossibile non accorgersi di quanto differente sia questa situazione da quella che vivevamo fino a una ventina d’anni fa, quando allegre famiglie monoreddito villeggiavano un mese intero. La mia famiglia ha una casa vicino al Circeo, dove ho passato tutte intere le prime venti estati della mia vita. Io, all'epoca, avevo gli amichetti di luglio e quelli di agosto. Oggi, si dice che non siano poche le persone che, per la vergogna di non potersi permettere le vacanze, dicono di partire per le ferie e poi invece passano i giorni in casa, di nascosto da amici e conoscenti.
Serve oggi il lavoro di due persone per consentire ad una famiglia la vita che venti anni fa era possibile con un solo stipendio. È sacrosanto che le donne abbiano conquistato definitivamente il diritto alla propria realizzazione anche per il tramite del loro contributo lavorativo alla nostra società. Resta però che, a fronte di una vita che ci permette cose non diverse per importanza a quelle che le famiglie si concedevano venti anni fa, oggi lavorano molte più persone. Pure allora si pagava un mutuo salato e si andava ogni tanto al ristorante; forse allora si viaggiava meno all'estero, ma oggi nessuno – per mancanza di tempo, prima ancora che di soldi – fa più un mese filato di villeggiatura; i beni voluttuari di ieri erano le prime autoradio con il frontalino ed il videoregistratore, quelli di oggi sono magari la PS3 e il televisore al plasma. Nella sostanza, per avere oggi quel che avevamo prima, lavoriamo circa una volta e mezzo in più.
E noi dovremmo piatire “un po’ di felicità”, chiedendola all’uomo forte?
La felicità tocca sapersela dare da soli. Come il coraggio.
Io sono appena stato in Portogallo e Spagna in vacanza ed oggi, facendo quattro chiacchiere con un collega, gli ho raccontato un po’ delle mie ferie. Alla fine, siamo arrivati alle dolenti note di quanto costoso sia diventato viaggiare, di quante siano le persone che oggi non possano permettersi di andare in vacanza (specialmente se si tratta di famiglie numerose). È impossibile non accorgersi di quanto differente sia questa situazione da quella che vivevamo fino a una ventina d’anni fa, quando allegre famiglie monoreddito villeggiavano un mese intero. La mia famiglia ha una casa vicino al Circeo, dove ho passato tutte intere le prime venti estati della mia vita. Io, all'epoca, avevo gli amichetti di luglio e quelli di agosto. Oggi, si dice che non siano poche le persone che, per la vergogna di non potersi permettere le vacanze, dicono di partire per le ferie e poi invece passano i giorni in casa, di nascosto da amici e conoscenti.
Serve oggi il lavoro di due persone per consentire ad una famiglia la vita che venti anni fa era possibile con un solo stipendio. È sacrosanto che le donne abbiano conquistato definitivamente il diritto alla propria realizzazione anche per il tramite del loro contributo lavorativo alla nostra società. Resta però che, a fronte di una vita che ci permette cose non diverse per importanza a quelle che le famiglie si concedevano venti anni fa, oggi lavorano molte più persone. Pure allora si pagava un mutuo salato e si andava ogni tanto al ristorante; forse allora si viaggiava meno all'estero, ma oggi nessuno – per mancanza di tempo, prima ancora che di soldi – fa più un mese filato di villeggiatura; i beni voluttuari di ieri erano le prime autoradio con il frontalino ed il videoregistratore, quelli di oggi sono magari la PS3 e il televisore al plasma. Nella sostanza, per avere oggi quel che avevamo prima, lavoriamo circa una volta e mezzo in più.
E noi dovremmo piatire “un po’ di felicità”, chiedendola all’uomo forte?
La felicità tocca sapersela dare da soli. Come il coraggio.