Con quella faccia un po' così...
Domani sera, più o meno alle undici, sapremo se il commissario tecnico della nostra nazionale di calcio è un grande stratega o un perfetto imbecille. Spartiacque è la partita contro la Scozia, compagine che si è insospettabilmente, ma con pieno merito, insediata tra le pretendenti alla qualificazione ad Euro 2008.
Noi italiani siamo maestri nel produrre luminose analisi chiarificatrici. Siamo soliti, però, esercitarci nella nobile arte dell’esegesi soltanto a risultato avvenuto. Posso essere certo, dunque, che dopodomani mattina i quotidiani sportivi e non saranno ben pieni di preziosi articoli che ci spiegheranno come e perché il nostro allenatore sarà stato o non sarà stato in grado di mettere i nostri in condizione di battere i pronipoti di William Wallace.
Io sento invece il desiderio di dire subito da che parte sto. Io reputo Donadoni un bravo cittì e spero che domani sera l’Italia ce la faccia.
Mi piace il suo essere sempre normale, anche noioso se si vuole. Mi piace la misura che cerca di tenere in ogni dichiarazione. Mi piace che sia più un uomo di campo che da salotto televisivo. Mi piace che ragioni come un atleta e non come un uomo di spettacolo. Mi piace che non abbia cercato pateticamente di essere diverso da quel che è, accettando di pagare il fio di un carattere che lo rende tutt’altro che benvoluto a quanti campano raccontando il calcio agli Italiani in una maniera sempre e comunque sopra le righe.
Mi piace che sia il simbolo della brevissima parentesi rivoluzionaria del calcio italiano, quando, dopo il temporale che spazzò via Carraro, Moggi e soci, una classe dirigente federale diede un segno di discontinuità forte, puntando su un vero outsider per la sostituzione del campione del mondo Lippi. A ben vedere, questo è il peccato originale che ancora il mondo del calcio non perdona a Donadoni: non la sconfitta con la Francia, non il pareggio con la Lituania, ma l’essere stato nominato da quelli che possono essere considerati i Mazzini, Saffi ed Armellini della FIGC, ovvero Rossi, Nicoletti ed Albertini. Poi, al pari di quello che guidò la Repubblica Romana, anche questo triumvirato ebbe vita breve. I sempiterni Abete e Matarrese hanno preso di nuovo il comando dell’azienda-calcio e questo Donadoni deve sembrar loro una specie di monumento alla memoria dello scandalo di Calciopoli. Una roba da rimuoversi al più presto, tale e quale a una statua di Stalin a Mosca durante la Perestrojka.
Inoltre, sul piano tecnico, a prescindere da come andrà la questione della qualificazione (per la quale sono comunque ottimista), ritengo che Donadoni sia stato pienamente all’altezza del compito. Ha gestito, secondo me, in maniera impeccabile la vicenda dell’addio di Totti alla maglia azzurra. Lo ha fatto da vero uomo di calcio che difende l’onore dei suoi ragazzi. Probabilmente Totti è il giocatore più forte del mondo. Se non è il più forte, è uno dei cinque più forti. E sicuramente, nonostante le sue precarie condizioni fisiche, egli è stato fondamentale per la vittoria in Germania. Ebbene, in uno sport di squadra, non è accettabile che un giocatore, neppure uno forte come Totti, possa dire ai suoi compagni: voi fate le qualificazioni, che io torno alla fase finale. Il cuore dello scontro con Totti è stato questo. Il capitano giallorosso, il cui attaccamento alla maglia azzurra è peraltro fuori discussione dopo il prodigioso recupero fatto per il mondiale, ha provato ad imporre al ct questa condizione per il proprio impiego in nazionale. Nonostante la scelta lo rendesse ancora più impopolare e che in quel momento una polemica con il giocatore più rappresentativo d’Italia non rafforzasse affatto la sua posizione, Donadoni ha avuto la forza di tenere il punto, non accettando questo compromesso, che se da un lato gli avrebbe garantito la presenza di Totti in qualche eccezionale occasione, dall’altro gli sarebbe valso il sincero e giustificato disprezzo del resto dello spogliatoio. La bontà della scelta di Donadoni deve essere apparsa chiara anche a Nesta, il quale, dopo un iniziale atteggiamento tentennante, simile a quello tenuto per oltre un anno dal dieci giallorosso, ha poi dato notizia del suo addio definitivo alla maglia azzurra. Io credo che, dopo aver affrontato questi due casi, il rispetto dello spogliatoio azzurro verso Donadoni sia sensibilmente aumentato. Del resto, davvero l’allenatore della nazionale ha sempre tirato dritto per la sua strada, senza farsi condizionare più di tanto né dai titoli dei giornali, né dal prestigio degli illustri esclusi. Basti pensare al Del Piero che prima della doppia sfida con Francia ed Ucraina reclamava tramite stampa un posto fisso da punta per entrambe le gare. Risultato: 80’ da esterno sinistro di centrocampo contro la Francia e tribuna contro gli Ucraini. Di lì in poi, neppure la convocazione. D’altronde, sotto la guida di Donadoni, questa sta diventando la nazionale degli Iaquinta, dei Di Natale, degli Aquilani, dei Quagliarella, dei Chiellini, che può tranquillamente fare (e di fatto fa) a meno di alcuni senatori campioni del mondo. Nonostante una panchina traballante sin dall’inizio, il ritiro dal club azzurro dei due calciatori italiani migliori (Totti e Nesta) e gli infortuni di alcuni uomini cardine (Materazzi, Toni, Camoranesi per dire solo dei più importanti), la nostra nazionale ha fatto 23 punti in 10 gare (7V 2N 1P). È questo un ruolino di marcia che in un qualsiasi altro girone sarebbe stato più che sufficiente per una tranquilla qualificazione. Nello sport, però, c’è anche la bravura degli avversari - in questo caso gli scozzesi - e dunque siamo ancora qui a dover fare l’ultimo passettino.
E allora, stavolta, dopo ben quattordici anni di autocensura, dico: forza Italia. E forza Donadoni.
Noi italiani siamo maestri nel produrre luminose analisi chiarificatrici. Siamo soliti, però, esercitarci nella nobile arte dell’esegesi soltanto a risultato avvenuto. Posso essere certo, dunque, che dopodomani mattina i quotidiani sportivi e non saranno ben pieni di preziosi articoli che ci spiegheranno come e perché il nostro allenatore sarà stato o non sarà stato in grado di mettere i nostri in condizione di battere i pronipoti di William Wallace.
Io sento invece il desiderio di dire subito da che parte sto. Io reputo Donadoni un bravo cittì e spero che domani sera l’Italia ce la faccia.
Mi piace il suo essere sempre normale, anche noioso se si vuole. Mi piace la misura che cerca di tenere in ogni dichiarazione. Mi piace che sia più un uomo di campo che da salotto televisivo. Mi piace che ragioni come un atleta e non come un uomo di spettacolo. Mi piace che non abbia cercato pateticamente di essere diverso da quel che è, accettando di pagare il fio di un carattere che lo rende tutt’altro che benvoluto a quanti campano raccontando il calcio agli Italiani in una maniera sempre e comunque sopra le righe.
Mi piace che sia il simbolo della brevissima parentesi rivoluzionaria del calcio italiano, quando, dopo il temporale che spazzò via Carraro, Moggi e soci, una classe dirigente federale diede un segno di discontinuità forte, puntando su un vero outsider per la sostituzione del campione del mondo Lippi. A ben vedere, questo è il peccato originale che ancora il mondo del calcio non perdona a Donadoni: non la sconfitta con la Francia, non il pareggio con la Lituania, ma l’essere stato nominato da quelli che possono essere considerati i Mazzini, Saffi ed Armellini della FIGC, ovvero Rossi, Nicoletti ed Albertini. Poi, al pari di quello che guidò la Repubblica Romana, anche questo triumvirato ebbe vita breve. I sempiterni Abete e Matarrese hanno preso di nuovo il comando dell’azienda-calcio e questo Donadoni deve sembrar loro una specie di monumento alla memoria dello scandalo di Calciopoli. Una roba da rimuoversi al più presto, tale e quale a una statua di Stalin a Mosca durante la Perestrojka.
Inoltre, sul piano tecnico, a prescindere da come andrà la questione della qualificazione (per la quale sono comunque ottimista), ritengo che Donadoni sia stato pienamente all’altezza del compito. Ha gestito, secondo me, in maniera impeccabile la vicenda dell’addio di Totti alla maglia azzurra. Lo ha fatto da vero uomo di calcio che difende l’onore dei suoi ragazzi. Probabilmente Totti è il giocatore più forte del mondo. Se non è il più forte, è uno dei cinque più forti. E sicuramente, nonostante le sue precarie condizioni fisiche, egli è stato fondamentale per la vittoria in Germania. Ebbene, in uno sport di squadra, non è accettabile che un giocatore, neppure uno forte come Totti, possa dire ai suoi compagni: voi fate le qualificazioni, che io torno alla fase finale. Il cuore dello scontro con Totti è stato questo. Il capitano giallorosso, il cui attaccamento alla maglia azzurra è peraltro fuori discussione dopo il prodigioso recupero fatto per il mondiale, ha provato ad imporre al ct questa condizione per il proprio impiego in nazionale. Nonostante la scelta lo rendesse ancora più impopolare e che in quel momento una polemica con il giocatore più rappresentativo d’Italia non rafforzasse affatto la sua posizione, Donadoni ha avuto la forza di tenere il punto, non accettando questo compromesso, che se da un lato gli avrebbe garantito la presenza di Totti in qualche eccezionale occasione, dall’altro gli sarebbe valso il sincero e giustificato disprezzo del resto dello spogliatoio. La bontà della scelta di Donadoni deve essere apparsa chiara anche a Nesta, il quale, dopo un iniziale atteggiamento tentennante, simile a quello tenuto per oltre un anno dal dieci giallorosso, ha poi dato notizia del suo addio definitivo alla maglia azzurra. Io credo che, dopo aver affrontato questi due casi, il rispetto dello spogliatoio azzurro verso Donadoni sia sensibilmente aumentato. Del resto, davvero l’allenatore della nazionale ha sempre tirato dritto per la sua strada, senza farsi condizionare più di tanto né dai titoli dei giornali, né dal prestigio degli illustri esclusi. Basti pensare al Del Piero che prima della doppia sfida con Francia ed Ucraina reclamava tramite stampa un posto fisso da punta per entrambe le gare. Risultato: 80’ da esterno sinistro di centrocampo contro la Francia e tribuna contro gli Ucraini. Di lì in poi, neppure la convocazione. D’altronde, sotto la guida di Donadoni, questa sta diventando la nazionale degli Iaquinta, dei Di Natale, degli Aquilani, dei Quagliarella, dei Chiellini, che può tranquillamente fare (e di fatto fa) a meno di alcuni senatori campioni del mondo. Nonostante una panchina traballante sin dall’inizio, il ritiro dal club azzurro dei due calciatori italiani migliori (Totti e Nesta) e gli infortuni di alcuni uomini cardine (Materazzi, Toni, Camoranesi per dire solo dei più importanti), la nostra nazionale ha fatto 23 punti in 10 gare (7V 2N 1P). È questo un ruolino di marcia che in un qualsiasi altro girone sarebbe stato più che sufficiente per una tranquilla qualificazione. Nello sport, però, c’è anche la bravura degli avversari - in questo caso gli scozzesi - e dunque siamo ancora qui a dover fare l’ultimo passettino.
E allora, stavolta, dopo ben quattordici anni di autocensura, dico: forza Italia. E forza Donadoni.
3 Comments:
E l'Italia ce l'ha fatta...
Ora non voglio essere quello dall'elogio facile, ho sempre sostenuto e continuerò a sostenere che Donadoni sia una persona seria, che sa fare il suo lavoro e che la poca esperienza ha portato a non incamerare risultati positivi all'inizio, soprattutto nell'ambito del gioco...
Questo è Donadoni secondo me, una persona seria ma inesperta, ma che può comunque crescere...
Sabato finalmente ho visto una squadra che ha prodotto del gioco oltre al risultato, affrontando l'impegno con il mordente giusto.
Per quanto riguarda gli europei sono abbastanza ottimista, questa squdra può e deve crescere, ed i giovani convocati ed impiegati da Donadoni sono più che delle buone promesse...
Quindi concludo fieramente il mio commento con un Forza It... No!
FORZA AZZURRI!
HBK
19 novembre, 2007 12:27
Passavo a vedere se c'erano nuovi post... ma su questo non so proprio cosa dire per cui lascio i miei saluti, posso?
CIAO
CantaRana
29 novembre, 2007 16:50
Sul caso Totti, Donadoni si è dimostrato sicuramente un uomo di campo, ma debole. Totti ha subito messo in chiaro le cose e il cittì ha detto che era d'accordo. Poi ad ogni domanda, conferenza stampa e comunque ogni volta che veniva pressato, Donadoni "ce cascava" sostenendo che così non andava bene e che avrebbe parlato con Totti: in tutto avrà doppiato le Catilinarie per quanto ha parlato fino a dare in pasto (complici i non-giornalisti) all'opinione pubblica l'immagine falsa di un Totti "Io so io e voi nun siete un cazzo". Non solo ma i fatti hanno dimostrato che il capitano della Roma non ha più l'integrità fisica per fare fronte ad altri impegni che non siano la sua squadra di club. Giusto o sbagliato queste erano le condizioni per avere in squadra uno dei giocatori più forti del mondo: se avesse avuto le palle Donadoni avrebbe detto no subito e nessuno avrebbe protestato.
Manbass
29 novembre, 2007 17:46
Posta un commento
<< Home