Black dog
Bartho se ne stava appoggiato ad una quercia, a riposare. La lunga fuga lo aveva provato ed anche Koryx, cavallo nero, lucido, degno d’un Re, era sfiancato. Immerso nel bosco, ascoltava il fruscio continuo delle fronde, ad occhi chiusi. Nelle narici aveva il profumo del cuoio della lorica, in bocca il sapore della liquirizia. Sessanta miglia cavalcate furiosamente avrebbero spezzato la schiena a chiunque. Qualunque bestia sarebbe stramazzata al suolo, vinta dalla fatica. La paura, però, aveva saputo spingerli oltre i loro stessi limiti.
Dapprima si era lanciato lungo il corso del fiume. Poi, proprio nel punto in cui il verde si faceva tanto fitto da farsi notte, si era infilato nella foresta. Sempre al galoppo, senza voltarsi mai, quasi assaporava le frustate a sangue dei rami sulle braccia nude.
Ancora una volta, Bartho era sfuggito al suo destino.
Non pensava quasi più, Bartho. Scappava perché cercavano di ucciderlo. Ma non sapeva più la ragione per la quale aveva dovuto iniziare a fuggire. Non gli interessava più neppure ricordarla. Nei (sempre più) rari momenti di tregua, nei quali riusciva a lasciarsi indietro i cinquanta uomini, i cinquanta assassini, le cinquanta belve che il Cane Nero gli aveva sguinzagliato appresso, Bartho sintetizzava pensieri elementari, sulla regolarità del moto delle nuvole in cielo piuttosto che sulle carni sode dell’ostessa di Claterna.
Allungò una mano sul terreno e gli parve di sentire una vibrazione. Istantaneamente rivolse tutti i sensi a captare il pericolo, il nemico. A sentire arrivare la morte. Alzò gli occhi verso Koryx, interrogandolo mutamente. Il corsiero, scalciando nervoso, confermò: gli stavano di nuovo addosso. Bartho montò in sella e spronò vigorosamente. Non conosceva la foresta. La sola cosa certa era che loro erano dietro di lui. E allora doveva andare avanti, qualunque cosa ci fosse stata oltre la selva. Cercò di orientarsi con il rumore del fiume, ma senza successo. C’era solo da proseguire, senza domandarsi nulla. Bisognava solo andare avanti. E in fretta. La boscaglia andava diradandosi e il sole filtrava sempre più tra i rami. Koryx, sicuro, guidato dal suo istinto, avanzava ormai agilmente.
Il grande spiazzo si aprì inatteso davanti agli occhi di Bartho. Laggiù, finalmente, la salvezza. Tra la radura e la fuga risolutiva, quella che gli avrebbe dato di nuovo la libertà, c’era un salto di dieci metri. Lui e Koryx ce l’avrebbero potuta fare.
Non pensava quasi più, Bartho. Scappava perché cercavano di ucciderlo. Ma non sapeva più la ragione per la quale aveva dovuto iniziare a fuggire. Non gli interessava più neppure ricordarla. Nei (sempre più) rari momenti di tregua, nei quali riusciva a lasciarsi indietro i cinquanta uomini, i cinquanta assassini, le cinquanta belve che il Cane Nero gli aveva sguinzagliato appresso, Bartho sintetizzava pensieri elementari, sulla regolarità del moto delle nuvole in cielo piuttosto che sulle carni sode dell’ostessa di Claterna.
Allungò una mano sul terreno e gli parve di sentire una vibrazione. Istantaneamente rivolse tutti i sensi a captare il pericolo, il nemico. A sentire arrivare la morte. Alzò gli occhi verso Koryx, interrogandolo mutamente. Il corsiero, scalciando nervoso, confermò: gli stavano di nuovo addosso. Bartho montò in sella e spronò vigorosamente. Non conosceva la foresta. La sola cosa certa era che loro erano dietro di lui. E allora doveva andare avanti, qualunque cosa ci fosse stata oltre la selva. Cercò di orientarsi con il rumore del fiume, ma senza successo. C’era solo da proseguire, senza domandarsi nulla. Bisognava solo andare avanti. E in fretta. La boscaglia andava diradandosi e il sole filtrava sempre più tra i rami. Koryx, sicuro, guidato dal suo istinto, avanzava ormai agilmente.
Il grande spiazzo si aprì inatteso davanti agli occhi di Bartho. Laggiù, finalmente, la salvezza. Tra la radura e la fuga risolutiva, quella che gli avrebbe dato di nuovo la libertà, c’era un salto di dieci metri. Lui e Koryx ce l’avrebbero potuta fare.
No. Lui e Koryx ce l’avrebbero fatta.
Senza un briciolo di esitazione, Bartho conficcò gli speroni nei fianchi del cavallo che nitrì e si lanciò come una folgore verso il vuoto. Bartho aveva i sensi tesi allo spasimo, tutto se stesso raccolto come una catapulta pronta a vibrare il colpo. Koryx era un cavallo formidabile, si staccò da terra esattamente sul limitare della roccia.
Si dice che, quando stiamo per morire, tutta la vita ci passi in pochi attimi dinanzi agli occhi.
Si dice che, quando stiamo per morire, tutta la vita ci passi in pochi attimi dinanzi agli occhi.
Tutto ciò che Bartho pensò era che volare era davvero meraviglioso.
4 Comments:
Bellissimo post, bellissima storia che lascia riflettere...
Mi ricorda un po' la fuga di Thelma e Louise, con tanto di salto nel vuoto finale, per le quali l'ultimo pensiero era 'Non è bellissimo?' riferito all'impareggiabile paesaggio del Grand Canion...
E' vero, nei momenti di estremo pericolo la vita ti scorre davanti velocemente, non c'è tempo per riflettere ed ognuno di noi agisce d'istinto: è proprio in questi momenti che viene fuori in toto la vera indole di ciascun individuo...
Absolutely fantastic
Sincerely yours
HBK
01 febbraio, 2008 11:29
Sì... il finale anche io ho pensato a Thelma & Louise.
Su cosa si provi nei momenti di pericolo non saprei... io mi metto a pensare ai secondi che sono passati dall'attimo prima a quello dopo e rivivo quelli una infinità di volte desiderando disperatamente che non ci siano mai stati... ma non è mai così.
E alla fine si riparte fino al prossimo pericolo....
A rifletterci con calma però quello che mi ha colpito è il senso di ansia che sento per l'inseguimento.
E lo assimilo alla sensazione che si può avere quando in una giornata si devono far conciliare 25 impegni e si è sempre di corsa, inseguiti dalle scadenze (al lavoro, nella gestione della casa... anche con gli amici).
Siamo inseguiti da mille cose da fare e a volte la voglia è quella di saltarle a piè pari e pensare "quanto è bello stare per i fatti miei!".
CIAO
01 febbraio, 2008 16:00
L'inseguimento era il mio ex lavoro, il salto le dimissioni senza aver firmato nulla; il volo era bellissimo, comunque.
Il grosso.
01 febbraio, 2008 16:05
In questo momento mi sento proprio come se fossi sul ciglio di quel burrone...combattuta tra la paura e il desiderio di provare il brivido del vuoto.
Eppure di salti del genere nella mia vita ne ho fatti tanti. E ho sempre spiccato il volo. Sfidando anche previsioni decisamente poco rosee. E ora? Forse il mio purosangue è andato in pensione e nessuno me l'ha ancora detto....sgrunt. Ancora complimenti per il tuo modo di scrivere. Vocabolario ricchissimo, eppure mai ridondante o affettato. Di questi tempi, più raro di un probo uomo politico....
05 febbraio, 2008 17:00
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