Simplement Parfaite
Anche oggi, come ogni giorno, la matita ha dipinto il mio occhio. Una linea nera, materica, grassa rende, per contrasto, più luminoso il mio sguardo e, fuggendo verso le tempie, sa suggerirmi più esotica, misteriosa, segreta. Del resto, in questi anni lo specchio mi ha spiegato ogni mattina di essere proprio così: una regina Nefer. Lo stesso fanno le parole, le mani e gli occhi di Federico in ufficio, tutti i giorni. E prima di lui quelli di Marco all’Università e di Alessandro al Liceo.
Sono venticinque anni che ogni mattina il mondo sa quel che deve sapere di me grazie ad un tratto di matita. Ho gesti ormai sicuri e automatici: una mano stende la palpebra e l’altra definisce le forme, coprendo ogni piccola, impercettibile irregolarità dei lineamenti. Insieme al contorno dei miei occhi, disegno anche la mia sicurezza, la mia forza, il mio coraggio. Così, qualsiasi ansa in cui si annidino le mie parti molli è coperta da un tratto uniforme. Ogni mattina do un buffetto a Pirandello e dimostro che è la me che gli altri vedono a mettere d’accordo tutte le altre me.
Non sarei capace di uscire di casa senza quel segno deciso, scuro, netto che marca i miei occhi. Eppure, appena compiuti i quarant’anni, mi vergogno di questa debolezza che vuole annullarne ogni altra. Vorrei urlare a tutti la rabbia che ho per una solitudine che non merito, vorrei concedermi la fragilità di desiderare apertamente la felicità, vorrei vendicarmi dell’umiliazione di dover essere obbligatoriamente bella, desiderabile e inaccessibile.
Sono venticinque anni che ogni mattina il mondo sa quel che deve sapere di me grazie ad un tratto di matita. Ho gesti ormai sicuri e automatici: una mano stende la palpebra e l’altra definisce le forme, coprendo ogni piccola, impercettibile irregolarità dei lineamenti. Insieme al contorno dei miei occhi, disegno anche la mia sicurezza, la mia forza, il mio coraggio. Così, qualsiasi ansa in cui si annidino le mie parti molli è coperta da un tratto uniforme. Ogni mattina do un buffetto a Pirandello e dimostro che è la me che gli altri vedono a mettere d’accordo tutte le altre me.
Non sarei capace di uscire di casa senza quel segno deciso, scuro, netto che marca i miei occhi. Eppure, appena compiuti i quarant’anni, mi vergogno di questa debolezza che vuole annullarne ogni altra. Vorrei urlare a tutti la rabbia che ho per una solitudine che non merito, vorrei concedermi la fragilità di desiderare apertamente la felicità, vorrei vendicarmi dell’umiliazione di dover essere obbligatoriamente bella, desiderabile e inaccessibile.
Vorrei piangere tutti i giorni per quel figlio che non ho mai fatto.
Un'ultima occhiata allo specchio prima di uscire di casa.
Semplicemente perfetta.
Un'ultima occhiata allo specchio prima di uscire di casa.
Semplicemente perfetta.