Acido Desossiribonucleico
Ieri sera, mentre ero in macchina e tornavo a casa, ascoltavo un programma alla radio. Era collegato al telefono uno studioso che spiegava come la mappatura del codice genetico umano sia ormai stata praticamente completata. Si tratta di un risultato straordinario, ottenuto grazie ad un impegno formidabile della comunità scientifica, che rivoluzionerà la medicina ed anche il rapporto che abbiamo con il nostro corpo. C’è voluto, così si diceva, il lavoro di 150 studiosi per 10 anni per decodificare il solo gene 1, il quale costituisce circa l’otto per cento del corredo genetico umano.
Il DNA è una lunghissima sequenza di combinazioni di sole quattro basi: adenina (A), guanina (G), timina (T) e citosina (C). Tutta la nostra vita è dovuta alla particolare combinazione di questi quattro tasselli. In futuro, pare, non faremo più l’analisi del sangue o delle urine, ma ciascuno di noi si farà mappare il DNA. Lì, negli esiti di quell’esame, ci saranno tutte le ragioni del perché siamo quel che siamo. Lì scopriremo il perché soffriamo di una precoce calvizie o perché abbiamo un’intolleranza ad un cibo o, magari, perché la sera torniamo a casa e ci sentiamo un po’ depressi. Tutto è scritto nella nostra lunga ed unica combinazione di A, G, T, C.
Sentivo tutto questo e mi chiedevo se davvero mi piacerebbe, avendone la possibilità, sapere come funziona la mia “black box”. Mi domandavo, cioè, se questa non sia una di quelle questioni in cui è più utile limitarsi a cercare una risposta piuttosto che trovarla davvero. Poi ho ricordato che l’idea che tutto si debba proprio al mutevole combinarsi di quattro “mattoni” fondamentali è vecchia quanto l’uomo.
Il DNA è una lunghissima sequenza di combinazioni di sole quattro basi: adenina (A), guanina (G), timina (T) e citosina (C). Tutta la nostra vita è dovuta alla particolare combinazione di questi quattro tasselli. In futuro, pare, non faremo più l’analisi del sangue o delle urine, ma ciascuno di noi si farà mappare il DNA. Lì, negli esiti di quell’esame, ci saranno tutte le ragioni del perché siamo quel che siamo. Lì scopriremo il perché soffriamo di una precoce calvizie o perché abbiamo un’intolleranza ad un cibo o, magari, perché la sera torniamo a casa e ci sentiamo un po’ depressi. Tutto è scritto nella nostra lunga ed unica combinazione di A, G, T, C.
Sentivo tutto questo e mi chiedevo se davvero mi piacerebbe, avendone la possibilità, sapere come funziona la mia “black box”. Mi domandavo, cioè, se questa non sia una di quelle questioni in cui è più utile limitarsi a cercare una risposta piuttosto che trovarla davvero. Poi ho ricordato che l’idea che tutto si debba proprio al mutevole combinarsi di quattro “mattoni” fondamentali è vecchia quanto l’uomo.
Tetragrammaton è la parola greca con cui Filone indicava le sacre lettere del nome del Dio di Israele. Esse, nella tradizione ebraica, sono quattro: jod, he, vau, he. Traslitterato nel nostro alfabeto, il nome di Dio è IHVH. Esso oggi viene letto in molti modi: Jeve, Javè, Yewe, Jeovah ed altri ancora. Quale sia il vero suono del nome di Dio è invece “il” mistero dell’ebraismo. Soltanto il Gran Sacerdote era a conoscenza di questo segreto, poiché pronunciare correttamente il nome di IHVH conferiva a chi era in grado di farlo poteri soprannaturali. Quando gli uomini comuni lo incontravano nelle sacre scritture, lo sostituivano con “Adonai”, parola il cui significato è assimilabile al nostro “Signore”.
Gli ebrei, probabilmente, sanno già che non si faranno mappare il corredo genetico.
Il Dio del tetragrammaton è androgino. Infatti, a jod corrisponderebbe il membro maschile, a he l’utero femminile, a Vau il gancio o l’artiglio, alla seconda he la vagina. Si uniscono, cioè, in un unico Verbo simboli sia maschili, sia femminili. Mentre mi perdevo in queste riflessioni, il professore che era sempre in collegamento alla radio andava spiegando che la lunga catena del nostro DNA ha comunque incroci obbligati. I tasselli si susseguono e si combinano in maniera tale che l’adenina si leghi sempre con la timina ed altrettanto facciano guanina e citosina. Allora le lettere del nome di Dio sono oggi AGTC e non più IHVH? Forse sì, chissà. E chissà, soprattutto, se fa differenza.
In altri momenti storici, i “mattoni” del nostro edificio sono stati altri. Si può pensare ad esempio alla tetraktis greca, ovvero l’insieme dei primi quattro numeri, in cui i pitagorici trovavano il superamento delle dualità, il pari e il dispari, l’essere e il non essere. Oppure a Tolomeo e Copernico, a Bohr, alla meccanica quantistica, all’antimateria. Tanti “mattoni” per tante possibili costruzioni di questo universo, tutte capaci di spiegarci ciò che cade sotto i nostri sensi.
La distinzione tra realtà e rappresentazione della realtà si sfuma tanto da risultare quasi impercettibile. E forse inutile.
Poi sono sceso dalla macchina e ho pensato che avevo fame.
Il Dio del tetragrammaton è androgino. Infatti, a jod corrisponderebbe il membro maschile, a he l’utero femminile, a Vau il gancio o l’artiglio, alla seconda he la vagina. Si uniscono, cioè, in un unico Verbo simboli sia maschili, sia femminili. Mentre mi perdevo in queste riflessioni, il professore che era sempre in collegamento alla radio andava spiegando che la lunga catena del nostro DNA ha comunque incroci obbligati. I tasselli si susseguono e si combinano in maniera tale che l’adenina si leghi sempre con la timina ed altrettanto facciano guanina e citosina. Allora le lettere del nome di Dio sono oggi AGTC e non più IHVH? Forse sì, chissà. E chissà, soprattutto, se fa differenza.
In altri momenti storici, i “mattoni” del nostro edificio sono stati altri. Si può pensare ad esempio alla tetraktis greca, ovvero l’insieme dei primi quattro numeri, in cui i pitagorici trovavano il superamento delle dualità, il pari e il dispari, l’essere e il non essere. Oppure a Tolomeo e Copernico, a Bohr, alla meccanica quantistica, all’antimateria. Tanti “mattoni” per tante possibili costruzioni di questo universo, tutte capaci di spiegarci ciò che cade sotto i nostri sensi.
La distinzione tra realtà e rappresentazione della realtà si sfuma tanto da risultare quasi impercettibile. E forse inutile.
Poi sono sceso dalla macchina e ho pensato che avevo fame.
1 Comments:
ma quanto pensi quando guidi?! oddio mi sento piccolaaaaaa :o)
24 maggio, 2006 09:44
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