Apple pie, Charlie Brown?
C’era una volta un omino che vendeva fette di torta di mele. Non aveva particolari talenti. Non era un genio della matematica, quell’omino. Dalla sua bocca non uscivano parole dolci che facevano innamorare le ragazze. Però sapeva fare una torta di mele eccezionale. Si svegliava la mattina presto e, per prima cosa, cucinava la torta di mele. Poi, si vestiva, coprendosi bene, e si metteva all’angolo della via principale del paese a vendere i suoi dolci. Vendute tutte le fette, tornava a casa. E così si guadagnava da vivere.
Un giorno si disse: “Se invece di fare una sola torta ne facessi – che so – cinque, forse potrei anche comprarmi una coperta nuova. E magari pure una mucca. Però devo diventare più bravo. Oggi per fare una torta mi ci vogliono quattro ore. Devo riuscire a farne una ogni ora.”
E tanto si impegnò e migliorò che alla fine ci riuscì. Le sue torte erano talmente buone che sempre più persone venivano a comprarle. Ogni giorno c’erano clienti che arrivavano al suo banco quando le fette erano ormai finite e rimanevano delusi. L’omino non solo riuscì a comprarsi la coperta e la mucca, ma anche un maiale e una casa.
Allora l’omino si disse: “Ormai sono diventato bravissimo a fare le torte. Certo, se avessi qualcuno che al mattino mi prenda le uova fresche dal pollaio e qualcun altro che, mentre impasto, mi accenda il forno, potrei farne cinquecento, invece che cinque. Figuriamoci poi quante potrei farne, se solo avessi un secondo forno. Se poi cucinassi le torte la sera e le vendessi non soltanto di pomeriggio, ma anche di mattina, potrei guadagnare ancora molto di più”.
Fu così che l’omino usò tutti i suoi soldi per costruire un secondo forno e per pagare altre persone che preparassero i dolci insieme a lui. Ormai era in grado di cucinare un numero incredibile di torte, ogni giorno sempre più buone. Comprò anche un banco più grande per vendere le fette.
Si sentiva felice.
Un giorno, però, qualcosa cambiò. Era ormai quasi mezzogiorno e, stranamente, nessuno si era ancora fermato al suo banco. Anzi, tutte le persone che solitamente venivano a comprare le sue torte passavano di lì e andavano via. L’omino non sapeva cosa pensare. Finalmente vide arrivare verso il suo angolo uno che conosceva.
- “Buongiorno, signore. Vuole un po’ di torta di mele?”
- “No, la ringrazio.”
- “Ma guardi che oggi le faccio un prezzo speciale: solo tre monete.”
- “No, grazie. Ne ho già mangiate già tre fette oggi.”
- “Impossibile. Non l’ho vista, oggi. Oggi, a dir la verità, non è venuto nessuno. Non ho venduto neppure una fetta.”
- “Ho mangiato tre fette di torta alla festa. Si figuri, poi, che erano gratis e allora me ne han date anche altre due da portarmi a casa.”
- “Non sapevo che ci fosse una festa in paese e neppure che regalassero la torta di mele. E dov’è la festa?”
- “Giù in piazza, vede? Lì, dove ci sono i palloncini e la musica.”
- “Ah. E si può andare liberamente in piazza?”
- “Certo, liberamente. Entrare costa solo cento monete.”
Un giorno si disse: “Se invece di fare una sola torta ne facessi – che so – cinque, forse potrei anche comprarmi una coperta nuova. E magari pure una mucca. Però devo diventare più bravo. Oggi per fare una torta mi ci vogliono quattro ore. Devo riuscire a farne una ogni ora.”
E tanto si impegnò e migliorò che alla fine ci riuscì. Le sue torte erano talmente buone che sempre più persone venivano a comprarle. Ogni giorno c’erano clienti che arrivavano al suo banco quando le fette erano ormai finite e rimanevano delusi. L’omino non solo riuscì a comprarsi la coperta e la mucca, ma anche un maiale e una casa.
Allora l’omino si disse: “Ormai sono diventato bravissimo a fare le torte. Certo, se avessi qualcuno che al mattino mi prenda le uova fresche dal pollaio e qualcun altro che, mentre impasto, mi accenda il forno, potrei farne cinquecento, invece che cinque. Figuriamoci poi quante potrei farne, se solo avessi un secondo forno. Se poi cucinassi le torte la sera e le vendessi non soltanto di pomeriggio, ma anche di mattina, potrei guadagnare ancora molto di più”.
Fu così che l’omino usò tutti i suoi soldi per costruire un secondo forno e per pagare altre persone che preparassero i dolci insieme a lui. Ormai era in grado di cucinare un numero incredibile di torte, ogni giorno sempre più buone. Comprò anche un banco più grande per vendere le fette.
Si sentiva felice.
Un giorno, però, qualcosa cambiò. Era ormai quasi mezzogiorno e, stranamente, nessuno si era ancora fermato al suo banco. Anzi, tutte le persone che solitamente venivano a comprare le sue torte passavano di lì e andavano via. L’omino non sapeva cosa pensare. Finalmente vide arrivare verso il suo angolo uno che conosceva.
- “Buongiorno, signore. Vuole un po’ di torta di mele?”
- “No, la ringrazio.”
- “Ma guardi che oggi le faccio un prezzo speciale: solo tre monete.”
- “No, grazie. Ne ho già mangiate già tre fette oggi.”
- “Impossibile. Non l’ho vista, oggi. Oggi, a dir la verità, non è venuto nessuno. Non ho venduto neppure una fetta.”
- “Ho mangiato tre fette di torta alla festa. Si figuri, poi, che erano gratis e allora me ne han date anche altre due da portarmi a casa.”
- “Non sapevo che ci fosse una festa in paese e neppure che regalassero la torta di mele. E dov’è la festa?”
- “Giù in piazza, vede? Lì, dove ci sono i palloncini e la musica.”
- “Ah. E si può andare liberamente in piazza?”
- “Certo, liberamente. Entrare costa solo cento monete.”