"Dunque. Al mondo ci sono i cretini, gli imbecilli, gli stupidi e i matti." "Avanza qualcosa?" "Sì, noi due, per esempio. O almeno, non per offendere, io."

venerdì, agosto 01, 2008

Africa per noi

Ci insegnano a scuola che l’uomo è giunto all’apice della piramide evolutiva grazie alla sua elevatissima capacità di adattamento all’ambiente. Ognuno di noi, nel corso della propria vita, è in grado di sviluppare, meglio di ogni altro essere vivente sulla terra, le proprie strategie di risposta alle pressioni esterne, così da saper reagire in maniera efficace alle difficoltà che incontra.
Qui, nel cosiddetto primo mondo, sappiamo da tempo come appagare i nostri bisogni primari (mettere insieme il pranzo con la cena). Questo, però, lungi dal darci serenità, genera in noi desideri molto più sofisticati, che facciamo gran fatica a soddisfare e che ci rendono infelici.
In fondo, la società occidentale basata sui consumi ha terribilmente bisogno - per poter prosperare - della nostra frustrazione e dei bisogni che da essa scaturiscono. Di più, i signori neri del marketing, con strumenti sempre più raffinati, stimolano continuamente i nostri bisogni latenti, facendo leva sulle nostre pulsioni più intime. Estraggono dai nostri pozzi il vero propellente del sistema economico: l’infelicità.
Allora vogliamo donne eternamente belle e uomini potenti. Vogliamo macchine prestigiose e vestiti preziosi. Odiamo il nostro capo, con tutte le nostre forze, perché vorremmo essere come lui. Vogliamo dimostrare agli altri il nostro potere (per piccolo che esso sia), esercitandolo in maniera arbitraria e terrorizzante. Vogliamo essere accettati da chiunque, a qualsiasi costo, in qualunque contesto: l’importante è essere in gruppo ed avere qualcuno sotto di noi. È una vita, la nostra, totalmente permeata dall’angoscia, anzi dalla paura del giudizio altrui. La sola cosa che ci dà brevi momenti di pace (non credo di poterla chiamare felicità) è sentire l’invidia degli altri compagni di catena. Questo ci fa presumere di non essere gli ultimi in fondo alla lista e ci rassicura per un po’.
Due persone a me molto care, ciascuna per proprio conto, sono state in Africa quest’anno. Quando ho chiesto loro di dirmi della loro esperienza, la prima cosa che ambedue hanno avuto praticamente l’urgenza di raccontare è stata la difficoltà a rientrare in un sistema di vita totalmente governato da bisogni irragionevoli e paure irrazionali. Mi hanno detto di un vero e proprio smarrimento nel non saper riconoscere più le ragioni dell’importanza fondamentale che siamo soliti attribuire ad alcuni aspetti della nostra vita quotidiana. L’Africa porta, necessariamente, ad essere essenziali e a riappropriarsi di quelle felicità semplici che qui diamo sempre per scontate. Entrambe mi hanno parlato di un periodo di almeno una decina di giorni in cui sono state combattute da sentimenti in reale contrasto tra loro: da un lato la voglia di rimanere aggrappati alla felicità nuda, viva, reale, immediata, saporita che l’Africa ha donato loro, dall’altro il desiderio di tornare a quel pezzo di mondo ormai aderente in maniera perfetta alle loro forme. Come se, tornate, non vedessero l’ora di riavere conficcata nella pelle quella spina che era in loro da sempre e che l’Africa gli aveva tolto.

La mia Africa è Paolo Conte.

7 Comments:

Anonymous Anonimo said...

Sì, la mia vita non sarà più quella di prima. Sono una delle due "reduci" dall'Africa di cui si parla. La tua descrizione del mio stato d'animo è una fotografia nitida e fedele, piena di tutti i colori palpitanti che mi hanno riempito gli occhi. Sono furiosa con il "primo mondo" che toglie tempo e denaro alla mia vita. Che soffoca la naturale tendenza a godere dell'essenziale e mi fa sentire fuori posto se non "possiedo" tutto ciò che, secondo "loro", dovrei possedere.
Ma questa rabbia non grida, non insulta, non aggredisce. Diventa consapevolezza dell'esistenza di Altro. In tutti i sensi. In Madagascar si fa tutto "mora mora", cioè "piano, piano". Alla faccia della vita frenetica.
La mia Africa sono i libri. Laggiù, tra facce nere illuminate da sorrisi d'avorio, ne ho letti quattro in meno di un mese. Perchè il tempo sembra scorrere in modo diverso. E c'è spazio per tutto.
Arianna La Leggera

01 agosto, 2008 16:02

 
Anonymous Anonimo said...

Ah, quante cose sacrosante scrivi in questo post... Non so se ti ricordi dei miei racconti tunisini, effettuati sia per turismo che per lavoro.
Ma io ci tornerei in Africa, a vivere e lavorare. Lo Scuro (non a caso)

01 agosto, 2008 16:34

 
Anonymous Anonimo said...

L'Africa è la frutta dei secoli che spreme il suo succo nelle nostre vene ... e almeno sappiamo di qualcosa (anocra)

Francesca

01 agosto, 2008 19:32

 
Anonymous Anonimo said...

Quando parlo di Africa il primo ricordo va al pezzo dei Litfiba che millantavi di conoscere prima della sua uscita, prendendomi in giro, accennando il ritornello agitandoti nella tua stanza.
Io dell'Africa conosco solo Ciccio, il mio amico senegalese che lavora (...) in Italia da 4 anni, con un'etica ed un approccio alla vita che mi capovolgono.
Mi basta parlarci per "temere" profondamente un viaggio in quelle terre.
Il Grosso

06 agosto, 2008 13:17

 
Anonymous Anonimo said...

E' vero, la nostra società è governata da un continuo evolversi di senso di insoddisfazione, su cui fa continuamente leva il marketing...
E' vero, farebbe bene a chiunque farsi un viaggio in un paese sottosviluppato per avere un'idea di quelli che dovrebbero essere i reali bisogni della vita..

Io parto per l'Africa la prossima settimana

HBK

15 agosto, 2008 15:45

 
Anonymous Anonimo said...

Come in un gioco di specchi, il determinismo della metafora dell’apice della piramide evolutiva si sfuoca nella nube delle percezioni che hanno gli uomini, come punti in orbite spaziali che si avvicinano per la causalità del Caso.
Il sospetto di un’immanente divergenza, la coscienza del poco che ci vuole, ma della volontà che ci manca, a spostarci su una vicina orbita convergente, insomma l’infelicità del bicchiere mezzo vuoto quando ci sembrava di averlo quasi colmo sono il nuovo o il sempiterno già visto o insieme tutti e due?
La “relatività” include tra le dimensioni il tempo; ma anche il suo superamento non è arrivato a pretendere una logica unificata dell’infinitamente piccolo e dell’infinitamente grande nel tempo e nello spazio. Il ricordo, per lo più immagine vivida di fotogrammi più che di film, fornisce una varietà di “visioni” a ciascun punto del sistema di punti che è la ricchezza delle alternative, come sconto del domani, per il sistema in quanto tale (finché dura! E finché dura non c’è ancora, mi pare, migliore metafora del libero arbitrio).
Una notazione biografica ed una domanda.
Notazione biografica: la nostalgia, oggi, del mio mal d’Africa di ieri (qualche decennio or sono). Nel fotogramma l’immagine della felicità naturale, non nuda, negli occhi spalancati degli altri in quel pezzo di mondo. Forse un attrattore strano per la mia orbita, più di un valore condiviso anche per la mia tribù del dopoguerra. Solo nostalgia, oggi, e non per la distanza del tempo. Forse, per il passare del tempo.
Domanda: esiste un Paolo Conte che ci piace insieme ad alcuni altri. I suoi occhi guardano al futuro?

p.s. Nello spazio delle fasi, gli attuali termini di scambio sfavorevoli al lavoro rispetto al consumo (eccesso di offerta di lavoro, a tutti i livelli di qualificazione rispetto alle potenzialità inespresse delle tecnologie “pulite” del consumo) possono individuare una delle possibili manifestazioni di apici che slittano nello spazio oltre che nel tempo, con fenomeni di refrattarietà il cui impatto può fiaccare, ma forse non uccidere, l’uomo, nella nostra era, del primo mondo.

Pa’

26 agosto, 2008 12:28

 
Anonymous Anonimo said...

Ciao,
davvero un bel post... e soprattutto una certa "sana" invidia per chi è stato il protagonista di questo viaggio.

Conosco molte persone che hanno avuto la fortuna (o il coraggio?) di effettuare questa esperienza.
Un paio di queste hanno anche deciso di rimanere nel continente nero come missionari facendo scelte coraggiose e di puro servizio con i comboniani.

Dopo il primo viaggio un mio amico mi raccontò dell'esperienza affermando: "Ti piacerebbe... sarebbe il posto per te".

Forse ha ragione, e forse ho avuto sempre un po' il timore di scoprire che questa affermazione è vera, così non ci sono ancora andata... chissà forse un giorno.
Ma poi mi sa che non tornerei più davvero.

Una volta ho incontrato marito e moglie che, dopo aver vissuto vent'anni in Africa, sono tornati per problemi di salute... raccontavano il disagio dei figli nel rientrare, ormai adulti, nella "civiltà occidentale".
Questa civiltà che hai raccontato così bene e che non riesco a percepire davvero come mia... e che vorrei cambiare.
Chissà... magari potrei dire che ho scelto di fare la missionaria qua... dove l'infelicità la fa da padrone, dove non capisco perchè lo sport sia sempre lamentarsi... dove lo shopping è l'unica medicina capace di dare un po' di sollievo... temporaneo ovviamente fino al prossimo acquisto.

Mentre leggevo il tuo racconto ho pensato a come in questo mondo fin da piccoli ci abbagliano con promozioni, offerte... mi hanno fatto notare come nell'organizzazione dei supermercati mettano ad altezza bambino ciò che può attirarli... perchè poi facciano presa sui genitori per comprare l'ennesima cosa inutile ma che in quel momento è essenziale...

Ma come ben disse il Piccolo Principe: "l'essenziale è invisibile agli occhi"!

Buonanotte
V

12 settembre, 2008 00:34

 

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